La normalizzazione della birra artigianale

Il desiderio di maggiore varietà che ha attraversato diverse categorie del food and beverage ha ormai invaso anche il mondo della birra.

Quando ha mosso i suoi primi passi 20 anni fa, la birra artigianale italiana si è dovuta confrontare principalmente col vino. In un iniziale tentativo di competizione diretta, ne ha preso in prestito metodi e codici visivi: bottiglia formato 75cl, visual ispirati all’anima più rurale del mondo vitivinicolo, posizionamento di prezzo e occasioni di consumo proprie del vino.

Solamente negli ultimi cinque anni si è assistito a un deciso cambio di direzione: il segmento artigianale si è allontanato dal posizionamento artisanal e tradizionale, per muoversi verso un territorio più craft e contemporaneo. Gradualmente si è appropriato di alcuni linguaggi della grande industria birraria, dall’uso di bottiglie 33cl alla maggior immediatezza nella comunicazione, dalla semplificazione del packaging al tentativo di posizionamento in occasioni di consumo più quotidiane. Anche gli stili birrari e quindi l’offerta di prodotto hanno seguito lo stesso shift. Inizialmente la birra artigianale italiana era associata a una proposta spesso complessa e ricca, mentre oggi propone anche stili più semplici e accessibili come le lager – prima relegate al solo mondo industriale – o influenzati da trends contemporanei come quello delle IPA Americane.

La normalizzazione della birra artigianale è destinata quindi a continuare. Da più fronti un numero sempre maggiore di prodotti e brands arriveranno a occupare il territorio di mezzo fra artisanal e industria: vedremo sempre più birre industriali simil-craft e sempre più birrifici con un’impostazione industriale.

Questo middle ground si ingrandirà, diventando probabilmente la norma, a discapito dei piccoli produttori artigianali di impronta artisanal e a leggera erosione della birra industriale.

Un esempio di questo passaggio nel mercato UK è sicuramente rappresentato da Camden Town Brewery. Microbirrificio nato, come tanti a Londra, sotto un arco della ferrovia, con un piccolo impianto e un team ristretto ma che fin dagli esordi ha dimostrato un forte orientamento al consumatore. La creazione di una taproom dove poter vendere direttamente i propri prodotti e far vivere l’esperienza del proprio brand, una identità visiva basata su una immediatezza e semplicità che urlano attenzione, un prodotto di punta che con gran coraggio riscopre la lager di tutti i giorni e una mentalità imprenditoriale che ha portato a indire una campagna di equity crowdfunding di successo e infine a vendere il business ad AB Inbev.

Nei prossimi anni, la vera crescita verrà da coloro che saranno in grado di rendere la birra craft, e quindi quella che per il consumatore medio non si definisce né industriale né artisanal, più accessibile in termini di distribuzione, prezzo ma anche comunicazione e linguaggi visivi.

CBA Insight NormalizzazioneBirra 03

Anna Managò

Un passato nei team marketing e innovation di Carlsberg Italia e Danimarca, prima di approdare a Londra dove dopo tre anni come brand strategist presso Kantar Added Value ha fondato ByVolume, una creative agency specializzata nel food and beverage. Esperta di prodotto per passione, da anni partecipa come giudice in diverse competizioni birrarie fra cui Birra dell’Anno in Italia, International Beer Challenge in UK, World Beer Cup in USA.

Condividi

L'articolo