Brand dalla parte delle donne

Sempre più brand lavorano per mettere al centro i bisogni delle donne attraverso prodotti, servizi e messaggi per abbattere il gender gap. In questo contesto si nota come non solo i brand più consolidati abbiano raggiunto una nuova consapevolezza ma anche come nascano nuovi brand la cui purpose mette al centro l’empowerment femminile.

Il genere e le disuguaglianze: a neverending story

La storia delle disuguaglianze tra uomini e donne è lunga come “la storia dell’uomo” (sic!). Eppure oggi assistiamo a cambiamenti e segnali importanti che sembrano andare oltre la celebrazione con le mimose dell’8 marzo, sia a livello di movimenti politici che a livello culturale ed economico con l’attivismo dei brand più impegnati. Sul fronte dell’impegno civico femminile gli ultimi anni hanno visto vari fenomeni come il movimento #metoo nato negli Stati Uniti contro la violenza sulle donne, seguito da altri movimenti come “Non una di meno” in Italia o eventi virali come il flashmob sulla violenza di genere del collettivo cileno Las Tesis, ormai esportato in tutto il mondo (Las Tesis – video YouTube).

Impegno, attivismo e ruolo dei brand

Ciò che invece avviene parallelamente nel mondo del business è una nuova consapevolezza ed un nuovo approccio da parte dei brand in tema di genere e di bisogni delle donne, andando incontro alle esigenze delle persone che non hanno il tempo, la voglia e la possibilità di prendere parte ai movimenti femministi ma che si ritrovano nella causa.

Come ricercatori di trend ci siamo imbattuti in numerosi esempi di brand che agiscono con un nuovo approccio ai temi di genere.

Sottolineano il “women empowerment” entrando nel quotidiano delle persone, con servizi e prodotti pensati per le donne e con messaggi e azioni che promuovono la loro autodeterminazione e contribuiscono a smantellare tabù come mestruazioni e menopausa.

Dalla body positivity all’empowerment femminile

Nell’ambito del business e dei brand ricordiamo tutti l’esempio di Dove, precursore del tema della body positivity con il suo “Dove Progetto Autostima”, campagna con anche laboratori per le scuole sull’accettazione del proprio aspetto fisico. Molte grandi corporation ne hanno poi seguito l’esempio e possiamo notare due diversi livelli di cambiamento.

Il primo vede i brand più established cominciare ad occuparsi delle donne in modo diverso, cercando in qualche modo di “rimediare” a quanto fatto in passato (rappresentazioni sessiste, stereotipate e limitanti della donna) con campagne e singole iniziative;

Il secondo è più bold e innovativo ed è presidiato da molti nuovi brand che fanno dell’empowerment femminile la propria purpose, la propria ragion d’essere.

Nel primo caso, in ambito musicale troviamo la collaborazione tra aziende come Smirnoff e Spotify che hanno creato insieme la playlist paritaria “Equalizeru0022 dove compaiono artisti uomini e donne in egual misura, al contrario di quanto ancora avviene in una industry come quella musicale, ancora dominata in larga parte dagli uomini.

Nel mondo delle telco Vodafone ha creato il cortometraggio “Raising Voices” che va nella stessa direzione parlando degli stereotipi e delle disuguaglianze che vanno a determinare la segmentazione orizzontale del mercato del lavoro, attraverso la voce di attori bambini che si chiedono “perché gli specialisti IT sono solo uomini?” e ”perché quasi tutti i supereroi sono uomini?”. Negli anni, diversi sono i brand anche più grandi che hanno “imparato la lezione”, facendo proprio il tema dell’empowerment, come Nike con “All Women Project” che ha raccolto le storie delle atlete di NY, di tutte le taglie, di tutte le etnie all’insegna dell’inclusività, con l’elemento comune dell’essere “toste”, donne diverse ma che ce l’hanno fatta e celebrano la loro unicissima e irripetibile diversità (https://www.nike.com/us/en_us/e/cities/nyc/all-woman-project).

Ci sono poi i nuovi brand che nascono con un target specificamente femminile, con un approccio ancora più inclusivo, spesso marcatamente femminista e che fanno dell’empowerment la propria missione.

Nell’ambito dello sportswear ci sono brand come Outdoor voices che interpretano perfettamente il tema dell’inclusività, facendo vivere la propria purpose “We’re on a mission to get the world moving. Moving your body generates endorphins. Endorphins Make You Happy”. Per questo rappresentano un mondo dove lo sport è per tutti e per tutte, non solo per le atlete, lontano dal tradizionale immaginario più performativo e competitivo. (https://www.outdoorvoices.com/).

Nel settore dell’underwear è paradigmatico in questo senso il caso della crisi di Victorias’ Secret, il più grande player del mercato USA, che ha visto scendere le proprie quote di mercato dal 33% al 24% in 2 anni ed ha chiuso 52 negozi nel 2019. Al suo posto si stanno facendo spazio nuovi player come Lonely, brand che sceglie modelle curvy e con fisici più normali delle “Angels” di VS, dall’identità forte e genuina con uno stile fotografico inusuale, dove figurano tranquillamente smagliature, peli e modelle molto più umane delle top model di VS. Il problema di VS si trova nelle motivazioni della sua fondazione, nel 1977, quando il businessman Ray Raymond volle creare “un negozio di intimo dove gli uomini potessero acquistare qualcosa di carino per le loro mogli”. Questo modello incentrato sull’estetica stereotipata della top model, che rispondeva ai bisogni dei mariti piuttosto che delle utilizzatrici finali, è esattamente ciò che ora viene messo in crisi. Anche Agent Provocateur, brand dal nome eloquente, era famoso per le pubblicità estremamente provocanti, ha presentato istanza di fallimento, è stato acquisito da Four Holdings e sta ripensandosi da zero: ”Lingerie doesn’t have to be serious. It should be fun and playful and empowering” – questa è la nuova impostazione della creative director di Agent Provocateur.

Nello stesso settore nascono brand che fanno della comodità e della praticità per le utilizzatrici finali il loro punto distintivo. Parliamo di Thinx ad esempio che con il suo period underwear ha realizzato un intimo femminile specificamente progettato per il ciclo mestruale, con una u0022capacità di assorbimento pari a quello di 4 tamponi”. Il loro sito non mostra solo il prodotto ma è ricco di contenuti sulla salute femminile e parla un linguaggio empatico, volto alla normalizzazione dell’argomento mestruazioni nella vita quotidiana delle donne (e degli uomini).

Anche nel settore del beauty abbiamo esempi come Fenty Beauty by Rihanna, il brand di make-up creato dalla cantante in collaborazione con il colosso LVMH, che punta tutta la propria identità sull’idea che truccarsi non è più mettersi un’uniforme che standardizza la bellezza, ma piuttosto uno strumento creativo per esprimersi, accessibile a tutte ed inclusivo perché pensato per ogni tipo di colore di carnagione.

La stessa AWLAB, insieme a CBA, ha creato il nuovo retail brand “HERE”, uno store per sole donne che è anche una piattaforma di eventi e workshop che vuole dare gli strumenti alle giovani per imparare, per essere sé stesse al di fuori dei modelli preconfezionati e per realizzarsi in ambito professionale, soprattutto all’interno del fashion system. Del resto AWLAB non è nuova ad iniziative come questa, se pensiamo al progetto #WMNStogether organizzato l’anno scorso a Milano, dove 6 ambassador di talento sono state invitate a tenere talk, laboratori e dj set tutti al femminile, per dimostrare ancora una volta alle giovani donne che i supereroi possono essere anche donne, che possono essere ciò che vogliono e che possono realizzare le loro aspirazioni. In questo senso AWLAB ha chiuso il cerchio con entrambi i livelli, passando dalla singola iniziativa alla creazione di un vero e proprio brand come HERE, interamente dedicato alla valorizzazione delle giovani donne.

Francesco Saviola, Strategic Designer at CBA

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